Premessa
Il reperimento e la catalogazione delle 33 cornamuse della tipologia mih, riportate in questo sito sotto il titolo Cornamuse dalle isole di Cherso e Lussino, fanno parte di un intervento di ricerca composito e articolato. Nel 2014, in occasione della quarta edizione del festival Mijeha[1] che riunisce sulle due isole suonatori di cornamusa da tutta Europa, è stata avviata una ricerca di antropologia visuale sui suonatori locali di mih (meh - ludro) ancora oggi in attività.[2] La ricerca audiovisuale - continuata poi nell'estate del 2015 - ha coinvolto musicisti e repertori che vivono tra il folklore e la pratica privata. Le interviste sull'apprendimento della pratica musicale, sulle occasioni esecutive, sul mantenimento dello strumento, sulle modalità della performance e le esecuzioni musicali hanno tracciato il quadro di uno strumento legato al passato, ma che ha ancora una funzione nel presente, facendo inoltre riflettere gli intervistati stessi sullo “stato di salute” dello strumento.
Di particolare interesse è stato il confronto della pratica musicale attuale con quella degli anni passati, reso possibile grazie al reperimento di filmati realizzati negli Anni Settanta dalla televisione RTV Zagreb e al reperimento di filmati amatoriali girati negli Anni Novanta del Novecento.
Nei mesi invernali dello stesso anno dal materiale raccolto nella ricerca sul campo, è stato realizzato un film etnografico della durata di 59 minuti dal titolo Zvuci otoka – Suoni dalle isole.[3] Successivamente, oltre ad essere proiettato in vari paesi delle due isole durante il periodo estivo, il film ha partecipato ad importanti festival e convegni sul film documentario di carattere etnografico.[4]
La ricerca di etnomusicologia visuale ha coinvolto, musicisti, organizzatori di eventi culturali e uffici del turismo, dando visibilità alla tradizione musicale del mih al di fuori dei suoi confini di azione, normalmente alquanto ristretti.
Il secondo passo per lo studio dello strumento mih è stato quello del reperimento delle cornamuse presenti sull’isola.
Le cornamuse delle isole
I 33 strumenti – esposti qui nella galleria virtuale [5] - sono stati rinvenuti e censiti nell’estate del 2017. Gli strumenti musicali, a differenza delle altre collezioni presenti in questo sito, non sono radunati in un unico luogo, ma custoditi dai rispettivi proprietari, creando così una sorta di “museo territoriale”.
Nell’organizzare la ricerca sul campo si erano precedentemente preparate delle schede di rilevazione che riportavano i disegni delle misure da rilevare e la tabella da compilare. Come riferimento si sono utilizzati i disegni realizzati dal Museo Etnografico di Pazin inclusi nel presente sito Strumenti musicali istriani online (vedi http://www.iti-museum.com/it/strumenti-musicali/mih-i-misnice). Ogni strumento reperito è stato fotografato, è stato misurato, sono state annotate alcune notizie sulle particolarità costruttive, sulla storia dello strumento, sul costruttore e sul materiale di realizzazione. Ogni strumento è classificato con la sigla PAVI[6] seguita da un numero progressivo composto da tre cifre (PAVI 001, PAVI 002 , ecc…).[7]
I primi strumenti ad essere censiti sono stati quelli appartenenti ai suonatori conosciuti durante la ricerca sul campo (PAVI 001, PAVI 002; si veda poi nelle schede di ogni strumento). La maggior parte dei musicisti possedeva più strumenti, alcuni usati abitualmente, altri utilizzati meno frequentemente, altri ancora dismessi. Due strumenti censiti sono di proprietà di due musei: Creski Muzej a Cres (PAVI 014) e Muzej Ovčarstva di Lubenice (PAVI 022). Altri strumenti musicali sono in possesso di figli o parenti di musicisti oggi non più in vita (rimando alle schede dei singoli strumenti).
La prima particolarità costruttiva del mih delle isole riguarda la lunghezza del chanter. Secondo gli informatori delle isole i chanter erano caratterizzati dalla maggiore lunghezza rispetto a quelli istriani e quindi avevano un suono più grave. Alcuni di loro oggigiorno hanno adottato il chanter istriano, perché preferiscono un suono più acuto, più squillante. Effettivamente i chanter costruiti in Istria sono più corti e variano dai 151 mm ai 160 mm (PAVI 010, PAVI 011, PAVI 012, PAVI 023, PAVI 024, PAVI 033). Altri strumenti sono stati realizzati da costruttori istriani su ordinazione e su modello di strumenti portati da musicisti delle isole di Cherso e Lussino. I più antichi strumenti costruiti sulle isole hanno un chanter con una lunghezza che va dai 162 mm a più di 220 mm. Sulle isole gli strumenti erano realizzati non da artigiani, ma da costruttori occasionali (da pastori o contadini) e venivano perlopiù copiati da modelli precedenti non raggiungendo mai un livello di standardizzazione.
Lo strumento è sempre stato suonato in maniera solista, senza accompagnamento, pertanto la problematica dell’intonazione non si è mai posta. Tutti i chanter producono i medesimi intervalli scalari e le melodie, anche se trasposte ad altezze diverse, sono riconosciute come corrette.[8]
Spesso nei blocchi - che contengono il chanter - delle cornamuse europee sono scolpiti musi di animali caprini (capre, stambecchi, mufloni, ecc…) o volti paurosi (demoni). Alcuni artigiani istriani hanno adottato come “marchio di fabbrica” un animale caprino o una parte di esso (la testa), pirografata sul blocco oppure nella parte posteriore del chanter (PAVI 010, PAVI 011, PAVI 012).
In alcune tra le più antiche cornamuse censite sulle isole è scolpito nel blocco un viso umano.[9] Il mih di Nerezine (PAVI 001) riporta il viso di uomo con baffi; lo strumento di Lubenice (PAVI 020) il viso di un uomo, ma di fattura grezza.
Altri due strumenti di Lubenice (PAVI 021 e PAVI 031) sono tra le più particolari cornamuse della collezione. Nel blocco sono intagliati visi di uomo: nella prima delle due con orecchie naso occhi e bocca, dipinti di verde e di rosso, nella seconda vi sono tutti gli elementi facciali probabilmente un tempo colorati (si intravede del colore in alcune parti). Entrambe le cornamuse hanno nel blocco un piccolo occhiello (PAVI 031 ha due occhielli) sotto l'orecchio sinistro del volto intagliato dove un tempo (come è stato riferito da alcuni informatori) era inserito un fiore quando lo strumento veniva suonato in occasione di un matrimonio.
Anche altri strumenti costruiti negli Anni Ottanta del Novecento provengono da Lubenice (PAVI 007 e probabilmente PAVI 005 e PAVI 015); questo fa pensare che Lubenice fosse il luogo delle due isole, negli Anni Settanta e Ottanta, dove era ancora possibile farsi costruire uno strumento musicale.[10] Non si conoscono i nomi dei costruttori di questi strumenti ma sicuramente si trattava di costruttori occasionali e non di artigiani del legno.[11] Molti strumenti ritrovati sono di fattura grezza; ciò fa supporre che fosse il musicista stesso a realizzare il proprio strumento musicale e che lo realizzava una sola volta, prendendo come modello uno strumento più antico.
E' nell'ultimo decennio del Novecento che i musicisti delle isole hanno iniziato a recarsi in Istria per farsi costruire gli strumenti musicali da veri e propri artigiani del legno, che con macchinari (tornio) riuscivano a realizzare lo strumento più facilmente. Come già accennato, alcuni dei musicisti delle isole hanno adottato lo strumento istriano, con il chanter di misure più ridotte; altri musicisti portarono agli artigiani istriani il loro vecchio strumento che veniva preso come modello per la realizzazione di quello nuovo e quindi con dimensioni più lunghe. I costruttori istriani facilmente raggiungibili dalle isole sono Franko Kos di Labin, e Valter Primožić di Kršan (scomparso prematuramente nel 2013) i quali distano entrambi circa 20 km dal porticciolo di Brestova, sbarco per chi proviene dalle isole. Sono stati censiti diversi strumenti sia di Franko Kos (PAVI 002, PAVI 011, PAVI 012), che del fine costruttore Valter Primožić (PAVI 003, PAVI 010, PAVI 024).
Nell’inchiesta esplorativa sono stati catalogati anche strumenti che hanno una diteggiatura diversa da quella usualmente utilizzata in Istria e sulle isole di Cherso e Lussino. La disposizione dei fori sul chanter è la seguente: sei fori sul lato destro e tre fori sul lato sinistro (PAVI 008 – PAVI 009 con orecchie laterali – PAVI 019 – PAVI 022 con orecchie laterali); diteggiatura in uso nelle cornamuse diple e mih dalmati. Alcuni di questi chanter (PAVI 019 – PAVI 008 – PAVI 009) hanno il quarto foro nella parte destra otturato da cera o da legno ottenendo così la disposizione dei fori dello strumento isolano.
Il legno maggiormente impiegato per la costruzione del chanter è il ginepro, pianta molto diffusa sulle isole; altri strumenti sono stati costruiti con ebano (PAVI 012), frassino (PAVI 026), noce (PAVI 027), leccio (PAVI 028), olivo (PAVI 030). Lo strumento catalogato con la sigla PAVI 031 è stato costruito da Ive Mužić con un legno orientale non classificato. Ive lavorava come cuoco su una nave che trasportava legname dall’India alla Croazia; in un viaggio di ritorno ha realizzato lo strumento adoperando il legname che trasportavano.
Di particolare interesse è stato l’incontro con Dionisio Kučić (cl. 1944). Nato a Vidović, nei pressi della località turistica di Martinšćica, si è trasferito a Mali Lošinj nel 1963 e ha lavorato come elettromeccanico in una ditta della cittadina. Anche lui suonatore di mih, (lo era il padre) ha realizzato diversi chanter e blocchi, con piccoli utensili per il bricolage (trapano, smerigliatrice, ecc...) prendendo come modello vecchi strumenti. Gli strumenti da lui realizzati sono ben fatti e hanno una particolare armonia sostanziale (vedi PAVI 027, PAVI 028, PAVI 029). Questi strumenti non hanno nessun ornamento (nel blocco dello strumento PAVI 028 è incisa una piccola greca). Dionisio non ha mai rivelato questa sua capacità e gli attuali musicisti delle due isole non conoscevano la sua abilità. Anche il figlio Ahdrijan, nato nel 1977, diplomato in elettrotecnica, sebbene non suoni, ha realizzato alcuni strumenti (PAVI 030). Una forma mentis, quella di Dionisio e del figlio Ahdrijan, tecnica, meccanica, non contadina o pastorale, abituata a lavorare con attrezzi meccanici, misure, calibri, che si rispecchia anche negli strumenti da loro realizzati.
Il musicista Ive Mužić di Cherso, originario di Orlec, ha realizzato alcune cornamuse a coltello, soprattutto per uso proprio; in questi ultimi anni preferisce, per avere nuovi strumenti, rivolgersi agli artigiani istriani, che con il tornio sono più pratici e veloci nella realizzazione.
Una spinta alla tradizione del mih isolano è data sicuramente dal festival Mijeha che i due gruppi folkloristici locali (Studenac di Nerezine e Gruppo Folkloristico di Orlec) organizzano ogni anno in diversi paesi delle due isole. La conoscenza di altri musicisti e costruttori, che condividono passioni e problematiche degli strumenti con riserva d’aria, ha dato nuovo slancio sia all'attività musicale che all'ammodernamento dello strumento. E' il caso ad esempio dell'incontro tra i musicisti isolani e il costruttore e musicista slovacco di gaida Juraj Dufek, che per alcuni mih ha realizzato ance in carbonio e struttura portaance in plastica (vedi PAVI 004, PAVI 006, PAVI 015), che sono andate a sostituire le ance originarie di canna (arundo donax). A detta dei musicisti lo strumento ha acquisito più stabilità superando problemi d’intonazione con il cambiamento delle situazioni atmosferiche/climatiche, il che ha favorito anche una maggior voglia di suonare uno strumento più affidabile.
Per la realizzazione della sacca l’unico conciatore conosciuto sulle isole è Ive Mužić di Cherso, suonatore di mih, il quale realizza otri anche per artigiani costruttori istriani. Solitamente l’otre del mih è privato del pelo dell’animale e necessita di un trattamento particolare e laborioso. Per una sua cornamusa Mužić ha sperimentato anche l’otre con il mantenimento dei peli per una questione estetica: “quell’animale aveva un bel pelo” (PAVI 012).
In attesa di nuove indagini e approfondimenti sulle cornamuse delle isole di Cherso e Lussino, auguro al visitatore una buona visione tra le stanze del museo virtuale degli strumenti della tradizione musicale isolana.
Note:
[1] Il Festival Mijeha è stato insignito a Spalato nel novembre 2017 del premio Simply the Best organizzato dalle Agenzie Turistiche Croate, destinato alle iniziative turistiche-culturali.
[2] La ricerca è stata realizzata con il sostegno del gruppo folkloristico Studenac di Nerezine, del gruppo folkloristico di Orlec, dei municipi di Cres e Lošinj, degli uffici del turismo delle due isole, di alcuni promotori privati (Hotel Televrin, Agenzia Losinia) e organizzata con particolare passione dal signor Ferdinando Zorović di Nerezine.
[3] Il trailer del film lo si può vedere alla seguente pagina web: https://www.youtube.com/watch?v=WP_QfFPelrc.
Una parte del documentario video con intervista a Dinko Zorović è in questo sito alla pagina Multimedia.
[4] Zvuci otoka (di Paolo Vinati | Croazia Italia | 59 minuti) è stato selezionato in diversi Film Festival tra i quali Days of Ethnographic Cinema di Mosca, International Festival of Ethnological Film di Kratovo, ICTM - Audiovisual Ethnomusicology a Ljubljana, MAV – Università La Sapienza a Roma. (https://www.cinemaitaliano.info/film/13975/festival/suoni-dalle-isole-sounds-from-the-islands.html)
[5] Ringrazio Mario Buletić, curatore del Museo Etnografico dell’Istria a Pazin, che ha curato il sito e ha realizzato le traduzioni dei testi in croato e in inglese.
[6] La sigla PAVI è derivata dalle due sillabe iniziali di chi ha svolto la ricerca e la catalogazione, cioè il sottoscritto (Paolo Vinati).
[7] In un secondo momento le fotografie sono state elaborate al computer, applicando uno sfondo bianco a tutti gli strumenti. Ringrazio Alexander Tirel che mi ha aiutato nell’elaborazione fotografica.
[8] Sarebbe auspicabile un approfondimento riguardante il tema delle intonazioni e delle nota finalis per un raffronto tra strumentario antico delle isole e della terra ferma.
[9] Volti umani scolpiti o incisi sul blocco di cornamuse sono riscontrabili anche in alcune cornamuse della Dalmazia, in Bosnia e Herzegovina (http://www.gajde.com/en/hrvatska-tradicijska-glazbala).
[10] Il gruppo folkloristico di Nerezine fece costruire due strumenti musicali nuovi a Lubenice, di cui uno è catalogato con la sigla PAVI 007; il secondo strumento non è reperibile. Informazione di Elvis Živković di Nerezine.
[11] Anche in questo senso la ricerca andrebbe approfondita con nuove escursioni sul campo.
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Paolo Vinati si è laureato al DAMS di Bologna in etnomusicologia. Ha svolto ricerche in Lombardia, in Trentino-Alto Adige, in Austria, in Montenegro e Croazia, pubblicando libri, curando audio cd e realizzando video documentari. Ha collaborato con diversi Istituti e Università tra i quali l’Universität für Musik und darstellende Kunst di Vienna. Attualmente collabora con l’Istitut Ladin Micurà de Rü (BZ).