Il processo di raccolta di oggetti che in seguito faranno parte della collezione del Museo etnografico dell'Istria, è iniziato negli anni Cinquanta del XX secolo. In quel periodo fu avviato il restauro del castello medievale di Pisino, dove nel 1955 si apre il Museo Nazionale di Pisino (1). L'importanza dell’istituzione di un museo centrale per lo sviluppo culturale e storico dell'Istria fu rilevata dall’eminente museologo croato dott. Antun Bauer e il primo direttore del Museo Nazionale di Pisino, il dott. Ante Čıtlak tramite la Proposta per l'organizzazione del Museo Nazionale di Pisino. Essi hanno osservato che i cambiamenti nella "struttura economica e sociale" condizionano la trasformazione della cultura e, come sostengono, la scomparsa delle sue forme tradizionali. Il testo chiarisce che la collezione etnografica, essendo testimone della cultura materiale tradizionale in Istria, non è solo volta a preservare le particolarità della cultura locale nella forma museale di quei tempi. Un obiettivo altrettanto importante della creazione di una collezione etnografica nel nuovo museo era di natura politica. Nel contesto politico e sociale dell'Istria del secondo dopoguerra, la collezione etnografica aveva la funzione di provare ed argomentare "la natura autoctona degli elementi croati su tutto il territorio dell’Istria."
La prima mostra di oggetti conservati nella collezione etnografica fu aperta nel Castello il 29 novembre del 1957, durante la celebrazione dell’ex festa della Repubblica. L’esposizione nella sua cucina riguardante il tema della preparazione del cibo tradizionale aprì la strada all'istituzione del Museo etnografico dell'Istria. Continuerà in seguito il tour dei villaggi istriani allo scopo della raccolta del materiale per il museo. Esattamente quattro anni dopo la prima esposizione era aperta la seconda parte della mostra permanente, con abiti e strumenti musicali tradizionali provenienti da varie parti dell'Istria. Per la raccolta degli oggetti, progettazione e realizzazione della mostra erano responsabili gli ex dipendenti del museo Ljubomir Petrović e Maria Križmanić. Poco dopo, nel maggio del 1962, il Museo Nazionale di Pisino fu ufficialmente ribattezzato come Museo etnografico dell'Istria. La collezione permanente del Museo fu soggetta in diverse occasioni a maggiori o minori modifiche (1968, 1973, 1976 e 1986), ma includeva sempre gli strumenti tradizionali.
L’anno d’apertura della mostra permanente con strumenti tradizionali (1961) è anche l'anno in cui, secondo il libro d’inventario del museo, fu acquisito il primo strumento musicale della collezione. Per molto tempo le collezioni museali sono state divise secondo il materiale di costruzione degli oggetti. Così, gli strumenti musicali sono stati inseriti nella collezione Lavorazione del legno e dei metalli, mentre nel 2009, dopo la modifica dello statuto del Museo etnografico dell'Istria, entrarono a far parte della collezione Cultura sociale e spirituale. Di 102 strumenti musicali registrati nel database del museo, solo una piccola parte non appartiene alla categoria di quelli che vengono utilizzati nell’esecuzione strumentale della musica tradizionale istriana (2). Dagli inizi dell’attività del Museo a oggi, le dinamiche di raccolta degli strumenti tradizionali non erano regolari. Ciò non si riferisce solo ai fatti e le ragioni specifiche per cui questo è così, ma pone anche alcune domande.
L'inaugurazione della mostra permanente nel 1961, di cui gli strumenti tradizionali facevano parte, fu preceduta dalla loro raccolta in varie località dell'Istria. Così durante gli anni Sessanta furono raccolti, tramite l'acquisto o donazioni, ventiquattro strumenti. Nella prima metà degli anni Settanta è stata acquistata più della metà degli strumenti tradizionali conservati nella collezione del Museo etnografico dell'Istria. La causa ghiacce nella stretta connessione con l'istituzione nel 1971 a Gimino, presso il Čakavski sabor, del Centro artistico e dei suoi Laboratori popolari. I fondatori dell’istituzione erano il pittore e scultore Giuseppe Diminić, che in precedenza istituì un simile laboratorio di souvenir ad Albona, e l’ex direttore della scuola elementare di Gimino Marijan Mačina. Proprio lui aveva organizzato la produzione di vari oggetti di artigianato e souvenir ispirati alla cultura tradizionale in Istria (3) tramite attività libere per gli studenti. Le conoscenze tradizionali furono trasmesse agli studenti direttamente dagli artigiani che a causa della crescente domanda di mercato per oggetti manufatti e souvenir iniziarono, poco a poco, una produzione più seria. (Škrbić, 2000: 6) Alcuni artigiani erano costruttori di strumenti tradizionali senza i quali la collezione del Museo sarebbe oggi molto modesta (4). La costruzione di strumenti nei laboratori popolari a fini museali è provata dal fatto che quasi tutti gli strumenti acquistati in quel periodo non erano stati utilizzati. Il documento sulla creazione del Centro artistico ci rivela le ragioni principali della sua istituzione, così come i suoi compiti e attività. "Il compito di questa istituzione è la ricerca, rilancio e creazione dei tesori nazionali istriani i quali, con la loro base e costruzione, mostrano le vicende storiche e le influenze reciproche che formarono la coscienza contadina dell'Istria e del Litorale, e cioè la consapevolezza del suo tessuto slavo e croato. Questo comporta anche la rinascita dell’artigianato e del commercio, che in questi luoghi stano morendo. Dato il ruolo sempre più importante nella nostra economia del turismo, si è rivelata giusta la necessità di modernizzarlo e coltivarlo in tutte le sue forme. A questo proposito, il ruolo dei souvenir e dell’artigianato è diventato molto importante. (...) L’Istria, che un tempo è stata l’unita storico-culturale più chiusa, ma che oggi è una delle zone turistiche più sviluppate del nostro paese, cerca il suo souvenir e l’artigianato nel senso più ampio, ma unico nella forma concettuale e materiale. Uno dei vantaggi collaterali di quest’attività è l’aumento dello standard di vita in alcune zone che per motivi economici subiscono stagnazione e de-popolazione."
Poco dopo l'istituzione del Centro, il curatore del Museo etnografico dell'Istria Josip Miličević fu uno dei principali autori d’iniziative dei Laboratori popolari, ma anche del processo di produzione e vendita di souvenir e oggetti di artigianato. In questo periodo furono acquistati dalla Sezione artistica del Čakavski sabor/Laboratori popolari trentadue strumenti, e altri venti da maestri direttamente coinvolti nella sua attività’. Questo vale sia per gli strumenti di Antun Peteh-Balde dal villaggio Petešljari vicino a Gimino che per quelli di Martin Glavaš di Pola. L’ex dipendente del Čakavski sabor Vilma Zohil-Unukić ha confermato che in quel periodo questi maestri hanno creato per il Centro un gran numero di strumenti. Secondo i dati presenti nelle schede d’inventario del Museo, nella costruzione di strumenti tradizionali all’interno dei Laboratori popolari hanno partecipato anche Mario Sandrić dal villaggio Butcovici, Romano Živić da Cere, Antun Kosić dal villaggio Kosići vicino a Gimino e Vinko Trubić dall'isola di Veglia. Non è escluso che altri artisti facevano parte delle attività dei Laboratori popolari. Nel 1975 questo lavoro cominciano a farlo anche le organizzazioni del lavoro artigianale, che oltre ad occuparsi della produzione si dedicano pure alla vendita di "oggetti etnografici come souvenir." (5) (Miličević 1988: 121)
Secondo Milićević non si sono verificati rilevanti progressi nella produzione e vendita di tali articoli. Tuttavia, dal punto di vista degli strumenti tradizionali, possiamo costatare quasi con certezza che queste attività hanno incoraggiato, come mai prima d'allora, non solo la produzione ma anche la distribuzione nell’area più ampia d’Istria e oltre. Uno dei risultati delle attività dei Laboratori popolari era l'idea secondo la quale la loro messa in servizio e funzionamento garantirà la disponibilità di strumenti tradizionali. Quando i laboratori si spensero, intorno alla metà degli anni Ottanti, i maestri continuarono la produzione indipendentemente. Per quanto riguarda la pratica e l'uso di strumenti tradizionali nella quotidianità, non si può dire che avevano preso vita allo stesso modo della produzione. Questo però è un argomento a parte, soggetto ad altri tipi di analisi di quell’offerta in questa pubblicazione. Si tratta, infatti, di dinamiche soggette e dipendenti da altri processi vitali, e non dalla produzione di strumenti tradizionali e la loro disponibilità.
Dopo questo periodo, la collezione di strumenti tradizionali del Museo etnografico entra in una fase di stagnazione, durata fino al 2000. Un gran numero di strumenti fu acquistato dal maestro Martin Glavaš, un mih è stato acquistato da Valter Primožič di Chersano, mentre la famiglia Gržinić, natia di Kotle nell’area di Pinguente, ha donato al Museo un bassetto, violino e clarinetto. In quegli anni fu acquistato un liuto/cindra dalla Cicceria costruito dal maestro di Lanischie Josip Grbac. Gli ultimi acquisti risalgono al 2012, quando da Alfonso Konović del villaggio Fonte San Giorgio vicino a Barbana furono acquistati due strumenti nuovi. Va notato che durante gli anni alcuni oggetti erano stati perduti. Il controllo fatto nel 2010 aveva portato alla luce che dal totale di strumenti musicali registrati ne mancano quattro. Inoltre, dal 1984 cinque strumenti della collezione del museo si trovano in prestito al Museo di Moschiena e sono inclusi nella sua collezione etnografica.
Nel contesto della cultura tradizionale e del patrimonio di una determinata zona, gli strumenti musicali possono essere considerati come uno degli elementi più riconoscibili della cultura materiale del territorio, in questo caso - dell’Istria. Allo stesso tempo, essi dischiudono una vasta gamma di fenomeni immateriali a essi legati. Questo è vero per qualsiasi altro oggetto della collezione etnografica del museo, ma nel caso degli strumenti musicali la complementarità del materiale e immateriale è più che evidente. E’ un percorso lungo quello che ci porta dal processo di costruzione di strumenti fino al loro utilizzo e alla musica creata, la situazione in cui essa viene eseguita e i cambiamenti che occorrono nel corso del tempo. Questo percorso e intrecciato da diverse conoscenze, tradizioni e esperienze personali e collettive che a ogni singolo strumento aggiungono altre dimensioni degne di registrazione, conservazione, interpretazione e presentazione.
Nel periodo in cui fu raccolta la maggior parte degli strumenti, le pratiche e i metodi museali non valorizzarono in modo rilevante tutte queste risorse e caratteristiche di questo tipo di materiale museale. Questo è dimostrato dalla documentazione esistente, dove oltre al nome e le caratteristiche fisiche di ogni strumento, il nome e cognome del costruttore e il luogo e la data di costruzione, non troviamo altre informazioni rilevanti. È comprensibile che le possibilità di documentazione sul campo siano state più limitate a causa della tecnologia e delle risorse umane disponibili, ma è anche vero che il lavoro sul campo era incentrato maggiormente sulla raccolta e le proprietà fisiche, e meno sul contesto e la storia dello strumento. Per questa ragione mancano negli archivi del Museo i dati sostanziali sui costruttori e il processo di costruzione di strumenti. Ad esempio, non ci sono neppure informazioni concrete sulle esecuzioni strumentali, vocali e di danza in cui questi strumenti furono utilizzati. (6) Spesso mancano anche le informazioni basilari sui singoli strumenti. E’ degno di nota un caso estremo scoperto durante la ricerca: abbiamo ragione di dubitare che il costruttore della maggior parte di strumenti conservati nel museo non è mai esistito! Per motivi sconosciuti, il nome del maestro è stato annotato scorrettamente nelle schede d’inventario.
Si tratta di un costruttore di strumenti che nelle schede d’inventario (e nella collezione permanente del Museo) è registrato con il nome di Antun Glavaš. Il sospetto è sorto perché il nome non e stato trovato nella letteratura sugli strumenti e la musica tradizionale in Istria finora pubblicata. Ancora più indicativo è che questo nome non l’ha mai sentito nessuna delle persone con le quali abbiamo parlato, e che sono ancora attive nella produzione e esecuzione di musica tradizionale in Istria. Neppure la segretaria del Čakavski sabor, nel cui Laboratorio popolare Antun Glavaš era presumibilmente attivo, aveva mai sentito questo nome. L'unico indizio che abbiamo è il suo cognome che concorda con il noto costruttore di strumenti tradizionali - Martin Glavaš. Inoltre, l’indirizzo di Antun Glavaš è simile all’indirizzo sul quale ha vissuto e lavorato Martin durante il suo periodo di vita a Pola - non concordano solamente i numeri civici. Anche questo enigma è stato risolto quando dall’amministrazione comunale di Pola abbiamo appreso che il numero civico di Martin Glavaš è stato cambiato.
L'ex segretaria ci ha confermato che Martin Glavaš collaborava con i Laboratori popolari. Il fatto ancor più importante è che la tecnica di costruzione e finalizzazione di questi strumenti è molto simile agli strumenti che Martin Glavaš produsse nella sua fase tarda. Il nipote Zdenko Glavaš ci ha rivelato che proprio negli anni in cui gli strumenti furono costruiti e acquistati, Martin Glavaš era andato in pensione, dopo di che si dedicò seriamente alla costruzione di strumenti. Nella sua tesi di dottorato Josip Miličević distingue Martin, fra tutti i maestri che hanno contribuito alla costruzione di strumenti della collezione, come miglior costruttore di strumenti e musicista di quei tempi. (Miličević 1986: 93). Tutto questo ci dà motivo di affermare che durante la stesura dell’inventario fu sbagliato il nome del costruttore di un gran numero di strumenti acquistati per la collezione del museo. Nel catalogo della pubblicazione indicheremo gli strumenti in questione.
I progressi nelle pratiche museali e nella disciplina etnografica e antropologica, nei principi teorici e negli approcci metodologici oggi sono evidenti in esempi concreti. Una delle priorità odierne del Museo etnografico dell'Istria è indirizzare il lavoro verso la ricerca e la documentazione di fenomeni della cultura non materiale, e così pure verso quegli aspetti che riguardano gli strumenti e la musica tradizionale. Lo scopo non è solo quello di conservare e mostrare un oggetto particolare, ma anche scoprire il più possibile la sua "biografia" e il contesto. Nel caso concreto dello strumento musicale, questo significa che vogliamo sapere chi l’ha costruito, quali conoscenze e competenze stanno dietro la sua costruzione, chi l’ha utilizzato e in quali situazioni, com’erano esse e il suono prodotto. In questo modo creiamo una ricca base documentaria necessaria per nuove ricerche e la comprensione del quadro più ampio di un certo fenomeno culturale e sociale visto dalla prospettiva etno-antropologica, e grazie all'aiuto della professione museale. Su questa base fu fondato nel 2011 il Centro per la cultura immateriale dell'Istria, la cui istituzione era stata agevolata dall’inserimento Del canto a due voci degli intervalli stretti nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità’ dell’UNESCO nel 2009.
Se prendiamo in considerazione lo sviluppo, la disponibilità e l'utilizzo della tecnologia digitale nel nostro lavoro ma anche nella vita quotidiana, è chiaro che vi è uno spostamento qualitativo in direzione delle priorità imposte. A differenza della pratica museale che permetteva al pubblico di vedere solo qualche oggetto esibito nelle mostre permanenti o temporanee, la tendenza odierna vuole mettere il più possibile i risultati del lavoro del museo a disposizione del pubblico. Eccetto alla sempre attuale forma classica della mostra, un’attenzione sempre maggiore viene data anche a quella virtuale, tramite Internet e altri strumenti multimediali. In questo modo è possibile combinare diversi media (video, audio, foto, testo) e avvicinare in modo informativo ed educativo un argomento specifico a un pubblico più vasto. Ne sono testimonianza la sempre più ricca collezione di foto, video e audio materiali conservati presso il Centro per la cultura immateriale dell'Istria, alcuni dei quali sono disponibili su Internet. (7)
Assieme all'esposizione museale classica e le mostre, le collezioni e mostre virtuali, banche dati, archivi digitali e pubblicazioni diventeranno sicuramente nel prossimo periodo un modo complementare di comunicazione del museo con un pubblico più ampio. A questo processo si aggiungeranno pure gli strumenti musicali con i loro aspetti intangibili - dalla costruzione fino al momento creativo e sociale della produzione musicale - necessari per la comprensione del contesto più ampio in cui esistono.
Note a piè di pagina:
1. Di tutto ciò che ha preceduto l'istituzione del Museo Etnografico di Pisino e del suo lavoro ci siamo occupati nella mostra dettagliata e pubblicazione Memobox: i primi 50 anni del Museo etnografico dell'Istria (2012). La pubblicazione è disponibile all'indirizzo: http://memoboxblog.files.wordpress.com/2013/02/ knjizniblok_priprema.pdf. Per maggiori informazioni sul processo e il contesto storico-sociale della nascita del museo consultare: Kocković-Zaborski, Tanja. 2014 Fondazione del Museo etnografico dell'Istria come parte del processo dell’accentuazione del elemento croato/slavo in Istria.
2. Maggiori informazioni sulla classificazione degli strumenti musicali della collezione del Museo Etnografico dell'Istria e sulla loro elaborazione professionale saranno date nel catalogo della pubblicazione.
3. Il Museo etnografico dell'Istria si è occupato dettagliatamente di souvenir istriani nella mostra e nel catalogo aggiuntivo Da strumenti a simboli d’identità nel 2000.
4. A quel tempo, il museo acquistò dalla stessa fonte un gran numero di altri oggetti e non solo gli strumenti tradizionali.
5. Sul Foro di Pola era stato aperto il negozio "Souvenir istriani originali", diretto dall’organizzazione di lavoratori "Vodnjanka" di Pola. Come commenta un ex socio, dopo l’avvio della vendita, la cooperazione tra i leader di Laboratori popolari e delle organizzazioni lavorative non prese vita a causa di "interessi diversi" delle persone che parteciparono a questo processo.
6. La ricca collezione di audio della musica tradizionale in Istria, intensivamente registrata sul campo, è dovuta a Renato Pernić e i suoi colleghi di Radio Pola. Le registrazioni originali che costituiscono "L’archivio Renato Pernić" possono essere trovate negli Archivi Nazionali di Pisino, mentre una gran parte del materiale digitalizzato è conservato nello studio del HRT di Radio Pola. Come parte integrante del progetto "Archivio Renato Pernić", dal 2002 a oggi sono stati pubblicati 12 CD con brani musicali selezionati dagli archivi.
7. Il materiale video sul tema di strumenti e la musica tradizionale: http://vimeo.com/album/2005282; di più sul Centro per la cultura immateriale dell'Istria: http://www.cenki-cecii.com/.